Ena Marchi da anni si occupa dei titoli francesi della casa editrice Adelphi e di quelli di Georges Simenon in particolare e racconterà a Tutti i colori del giallo il prossimo 4 maggio i segreti del suo lavoro: “io trovo i traduttori – ha spiegato in un’intervista raccolta dal quotidiano “Il Messaggero” – rivedo le traduzioni, preparo le presentazioni per le reti di vendita. È un grosso lavoro. La Adelphi ha ripreso i diritti per i romanzi senza Maigret nel 1985 e con tra il 92 e il 93. Ne facevamo uscire quattro all’anno. Non era facile trovare il tempo; e allora ho tradotto cose piccole di Simenon, per esempio “La pazza di Itteville” e mi sono divertita molto. Ma, a proposito di Maigret… Quando ero all’Università, poiché non mi piaceva accettare lavori di babysitter come le mie amiche, per racimolare dell’argent de poche, ho fatto la figurante alla Rai, anche in qualche Maigret con Gino Cervi”. E per quanto riguarda la lingua usata dallo scrittore belga Ena Marchi spiega: “Simenon è apparentemente facile, da tradurre. In realtà non lo è affatto. Una volta qualcuno gli disse ‘Lo sa che lei usa soltanto duemila parole del vocabolario francese?’ e lui rispose ‘Così tante?'””.
D’altra parte grazie proprio al suo uso della lingua, dei personaggi e delle storie il papà del commissario Maigret ha uno stile unico, riconoscibile, inimitabile.
Con oltre settecento milioni di copie di libri venduti in tutto il mondo è uno dei scrittore più amati di tutti i tempi e aveva anche un rapporto speciale con i suoi libro come sottolinea la Marchi: “quelli che lui amava e per i quali voleva essere riconosciuto non erano i romanzi di Maigret, ma gli altri quelli che lui chiamava i suoi romanzi romanzi. Simenon è un grande scrittore popolare, si fa leggere. Il suo segreto è la sua umanità, si identifica nella vittima e anche nell’assassino”.