All’anagrafe è registrato come Piergiorgio Pulisci ma ha scelto di siglare con lo pseudonimo di Piergiorgio Pulixi i suoi romanzi. Dopo avere pubblicato La croce incarnata e proseguito nei progetti legati ai Mama Sabot, raccolti in Perdas de fogu e Donne a perdere, Pulixi ha regalato ai let- tori con Una brutta storia un romanzo feroce e spietato sul mondo della polizia, raccontato dal suo interno con una forza narrativa che rimanda ai classici americani di Ellroy, Vachss, Wambaugh, Raymond, ma anche ai polar francesi di Olivier Marchal.
Un libro che racconta la storia di una famiglia-banda di poliziotti della Narcotici abituata a sopravvivere a tutto e a tutti. Il protagonista delle vicende Biagio Mazzeo, come mi ha raccontato lo stesso Pulixi, «è un poliziotto duro, violento, che crede che la distanza più breve tra due punti sia una linea retta, anche nella giustizia. Anzi, soprattutto. E per seguire quella linea retta non si fa scrupoli nell’usare i pugni, le armi, le minacce, i ricatti, e i soldi (il tesoretto) che ha messo insieme alla sua “famiglia”, un gruppo di circa venti poliziotti tutti appartenenti alla Sezione narcotici di una metropoli italiana che hanno valicato la linea della giustizia. È un uomo carismatico e affascinante nella sua aura di violenza, ha sempre la battuta pronta ed è in qualche modo l’amico che tutti vorremmo avere quando c’è da risolvere un brutto problema in fretta e una volta per tutte. Le donne ci vanno pazze perché è il classico cattivo ragazzo, ma ha anche una parte molto affascinante e tradizionalista che è quella del patriarca che rivela solo con la sua famiglia: con loro è estremamente generoso e protettivo, si ricorda dei compleanni e degli anniversari di tutti, figli di colleghi, mogli e amanti. Tre donne in particolare se lo contendono. Il suo sogno è scisso tra l’avere una famiglia perfetta e il prendere il controllo del narcotraffico nella sua città.
È osannato e protetto dai vertici del dipartimento nonostante i metodi violenti perché porta sempre a casa il risultato. Il suo passato è pieno di ombre e segreti e quando emergeranno nella storia, Biagio farà un bel tour panoramico all’inferno». La storia di Pulixi è nata da un vero caso di cronaca nel quale l’autore è incappato per caso: «Sedici poliziotti tutti appartenenti alla stessa Sezione erano stati arrestati per associazione a delinquere in un colpo solo; erano in attività da dieci anni e tra loro si era creata una sorta di dinamica da clan […] mi sono accorto che questa storia poteva sposarsi con l’idea che avevo da tempo di fondere il noir con l’epica e la tragedia greca, la drammaturgia e il peso del fato di Shakespeare e il feuilleton di Dumas e Dickens; tutto questo con un ritmo e una narrazione fortemente cinematografica». Mazzeo è stato protagonista anche dei successivi La notte delle pantere, Per sempre e Prima di dirti addio, che hanno confermato il talento di Pulixi prima che sviluppasse il commissario Vito Strega (nel ciclo dei Canti del male), personaggi femminili come le ispettrici Mara Rais ed Eva Croce e il commissario Rosa Lopez; devono investigare in luoghi ostili come la Sardegna e Milano ne L’isola delle anime, Lo stupore della notte, Stella di mare. Nel ciclo dedicato a Mazzeo l’autore non ha avuto riserve nel cercare di ritrarre anche il lato oscuro delle forze dell’ordine. La corruzione che può emergere fra i tutori della legge «È un argomento quasi tabù, nonostante in tutti i Paesi d’Europa e non, si parla senza problemi di questa situazione; da noi invece c’è sempre una certa ri- trosia a parlarne, quasi non volessimo rompere l’illusione del “proteggere e servire” dei nostri tutori dell’ordine. In realtà, il problema c’è eccome e lo stanno a testimoniare il caso della Uno bianca, i Carabinieri corrotti del caso Mar- razzo che sembrano usciti da un libro di Ellroy, il passato oscuro della Sezione narcotici della Questura di Genova, i cinque poliziotti arrestati a Bologna in una settimana qual- che mese fa, insomma gli spunti sono tanti. Come scritto però nei ringraziamenti alla fine di Una brutta storia, sono fermamente convinto che la maggioranza dei tutori dell’ordine siano onesti e integerrimi nel loro lavoro che svolgono con penuria di mezzi, quasi abbandonati dalle istituzioni. A queste persone va tutto il mio rispetto e ammirazione».
Pulixi ha sempre avuto un’idea di come si debbano scrivere le storie noir molto precisa: «Se scrivi di noir in qualche modo devi sporcarti le mani. Dovrai insozzarti, fare un la- voro che nessuno vuole fare perché c’è il rischio di vendere poco, attirarti antipatie, passare per l’autore scomodo che va sempre controcorrente e tante altre cose. Io invece credo che il noir sia sempre un atto d’amore e di coraggio. Un atto d’amore verso l’essere umano in generale, perché rac- contando la sua discesa agli inferi si vuole in qualche modo accompagnarlo, non lasciarlo solo in questo gorgo di perdizione”.