di Luca Crovi
Ci racconti com’era la Milano in cui sei cresciuto tu, che era diversa da quella dove è cresciuto Renato, due quartieri diversi, due Milano diverse.
Io vivevo in via Vincenzo Foppa. Sono nato e cresciuto lì al numero 41. Fra i miei compagni di giochi c’era il chitarrista dei Dik Dik, Pietruccio Montalbetti. Era stato in classe con me alle elementari. Lallo Sbrinziolo il cantate del gruppo abitava anche lui in via Foppa mentre Pietruccio stava in via Stendhal. Nella via a fianco, dalla parte sinistra di via Stendhal rispetto a via Foppa, ci stavano Ricky Gianco, Moni Ovadia e Aldo Reggiani, il grande interprete de “La freccia nera”
Io e Pietruccio abbbiamo giocato insieme fin da piccoli, addirittura inscenavamo delle finte lotte: ci menavamo come spettacolo per i ragazzi più grandi che ci davano 10 lire a testa per fare quello show. Con quei soldi andavamo poi a comprare il gelato in uno di quei baracchini che giravano all’epoca per la città. Allora il gelato costava dieci lire: dieci lire a lui, dieci lire a me: facciamo finta di fare la lotta, di menarci per fare un piccolo spettacolo per beccare questi pochi soldi per mangiare il gelato!
Dove stavo io, via Vincenzo Foppa era traversata dall’Olona, che allora era all’aperto. Di fianco all’Olona c’era questo quartiere medievale, un borgo medievale con il lavatoio…
LC c’erano ancora le lavandaie all’epoca?
C Sì, noi avevamo la lavandaia che veniva a casa a prendere le lenzuola e tutto quanto e andava a lavare in quel lavatoio lì e poi le riportava. Questo piccolo borgo (che poi si trova, ci sono le fotografie…) veniva chiamato da tutti “Brera” non perché c’entrasse Brera, non c’entrava niente con il quartiere o la via ma era perché la domenica venivano gli studenti dell’Accademia a dipingerlo
perché era molto caratteristico. Poi è stato distrutto, lì ci hanno fatto un palazzone dell’ASL, qualcosa del genere
LC A causa dei bombadamenti?
C No, distrutto per fare un palazzo grande. È stato uno scempio, secondo me. Era veramente un piccolo borgo medievale, come il vicolo dei lavandai, una roba del genere… L’hanno fatto sparire!
Da bambini giocavamo lì. Era il confine proprio della Milano del dopoguerra, della Milano edificata, lì c’erano i campi, d’estate c’era quello che vendeva le angurie. Noi giocavamo al giro d’Italia disegnando con i gessi i percorsi sulla strada, con i tollini con le effigi dei vari ciclisti (Coppi Bartali quelli che erano allora i grandi campioni) cercavamo di stare dentro a questi percorsi disegnati col gesso.
Oppure giocavamo a lippa, con un manico di scopa tagliato facevamo una specie di pallina che non era una pallina a forma ovoidale, si batteva su un lato, saltava per aria e poi tac! Una specie di baseball dei poveri!
E questi erano i nostri giochi dell’infanzia, quindi i miei ricordi sono legati a questo mondo non dico rurale ma molto…
LC All epoca Milano era una città molto allargata
C Quella zona lì era un paesotto, poi hanno costruito palazzi e in pochissimo tempo è diventato un quartiere super dotato, è arrivata una concessionaria della Fiat… Nel giro di dieci anni ha cambiato completamente aspetto quella parte di Milano
LC E la chitarra quando l’hai presa in mano la prima volta?
C Io la chitarra l’ho presa in mano la prima volta credo quand’ero sfollato con Renato a Gemonio. Non so bene come avevamo beccato due chitarre, due scassatissime chitarre. Avrò avuto dieci anni, dodici anni più o meno. Insieme cantavamo le canzoni popolari, le canzoni di montagna. In questo paesino, Gemonio, dove eravamo sfollati